Qualche piano oltre: incipit



Con il cuore che batteva come un dannato, Sara strinse gli occhi a fessura e li schermò con la mano, cercando di abituarsi alla luminosità abbagliante. Quando riuscì a mettere a fuoco l’ambiente, il cuore per un istante si fermo.

In quel piano della palazzina dove aveva vissuto per ventiquattro anni, le scale non c’erano, né a salire né a scendere. Le porte, invece, erano proprio li, dove dovevano essere. Sara esitò, confusa dalla familiarità dell’ambiente combinata alla dimensione surreale. Tutto era assolutamente immobile, non c’era un alito d’aria e regnava il più completo silenzio. Fece un passo e si blocco.

«E se stessi solo sognando?» si chiese ad alta voce. Con gesto infantile si pizzicò il braccio, ma non accadde nulla: era ferma, in piedi, nello stesso e identico posto. Si giro verso l’ascensore con cui era salita e rimase a bocca aperta. Dietro di lei c’era un’altra parete interamente bianca. L’ascensore era scomparso.

«No!» Si proiettò con le mani sulla parete nuda. Il muro era freddo al tatto e un brivido la percorse da capo a piedi. «Maledizione!» Dovunque si trovasse, non c’era modo di andarsene.